LA PAROLA E’ SACRA / di Vicenzo Vita L’ ESPRESSO IN TRINCEA

LA PAROLA E’ SACRA / di Vicenzo Vita      L’ ESPRESSO IN TRINCEA

L’Espresso venduto è il colpo di inizio dell’ultima puntata, di Vincenzo Vita
Sciopero a Repubblica per la vendita da parte del gruppo Gedi (passato nel dicembre del 2019 dalla famiglia De Benedetti alla Exor di John Elkann) del prestigioso settimanale L’Espresso.
Il Corriere della Sera, il principale concorrente, ha relegato la notizia a pag.31 del numero di ieri. Poco davvero. Eppure, l’iniziativa assunta dal comitato di redazione della testata in gara permanente con il quotidiano milanese di via Solferino è rilevante. Come forte e significativa è stata la scelta coraggiosa dell’ex direttore del periodico Marco Damilano di rimettere subito il suo mandato con una sentita lettera rivolta alla comunità di lettrici e lettori.
Sul nuovo patron Danilo Iervolino, editore di una società specializzata in informazione finanziaria (Bfc media) e fondatore a suo tempo dell’università telematica Pegaso ceduta al fondo Cvc, il giudizio va sospeso. Come si usa dire, attendiamo i fatti. Benché uno sgradevolissimo episodio già fornisca un indizio. A dicembre scorso, infatti, l’ottava sezione del Tribunale civile di Napoli ha rigettato la domanda risarcitoria pari a 38 milioni di euro avanzata dal citato imprenditore contro i giornalisti Nello Troccha e Corrado Zunino proprio del gruppo Espresso per un’inchiesta su Pegaso. Insomma, il vizio del ricorso alle querele temerarie, contestate dall’Europa, sporca il ritratto.


L’Espresso non è solo una testata, bensì un vero e proprio simbolo. Nato nel 1955 e caratterizzato per anni dai suoi fogli-lenzuolo densi di novità e di primizie coraggiose, il settimanale fondato da Arrigo Benedetti, Eugenio Scalfari cui si aggiunse Carlo Caracciolo aprì una nuova era della comunicazione italiana. Divenne un caposcuola, un riferimento di un giornalismo meno paludato, più laico, moderno. Accompagnò, infatti, la crescita della consapevolezza critica di un paese chiuso in un moralismo spesso farisaico e in una contrapposizione politica (la guerra fredda pesava, eccome) che rendeva chiuse e separate pure le fonti informative. La Rai di Bernabei e l’Unità, per fare l’esempio di maggiore evidenza.
Insomma, nacquero uno stile e un metodo di inchiesta fondamentali. Senza quella svolta, molto di ciò che accadde negli anni sessanta e settanta del secolo scorso non sarebbe forse successo.
Le indagini sul potere e contro il potere lasciarono segni persino clamorosi, aprendo ante litteram la stagione di mani pulite e portando alle dimissioni un presidente della repubblica.
Non tutto oro ha luccicato, ma senza dubbio si è trattato di una meta-testata, termometro delle cose italiane.


La vendita, di cui si chiacchierava da settimane e per un po’ negata dalla proprietà, è arrivata. Al di là dell’esito futuro, siamo di fronte ad una sorta di colpo d’inizio dell’ultima sequenza della carta stampata per come è conosciuta.
C’è sempre un episodio che rappresenta un sintomo di qualcosa in avanzato corso d’opera e non metabolizzato.
La crisi dei giornali, che sfogliamo con le mani con un irraggiungibile potenziale cognitivo, sta arrivando alle tappe conclusive della parabola. Gli esperti della materia stimano attorno al 2030 l’ora X. Dopo impererà l’on line, relegando la versione scritta a pamphlet sofisticati e costosi per un pubblico d’élite.
Del resto, siamo arrivati a 1.240.000 di copie vendute al giorno. La metà di cinque anni fa e poco meno di un quinto del decennio passato. E pensare che per decenni la quantità oscillava sempre attorno a 6 milioni, con un’impennata dei fogli sportivi dopo la vittoria italiana ai mondiali di calcio del 1982 e la coeva nascita delle testate locali. Queste ultime furono una felice intuizione del gruppo, sotto l’impulso di Carlo Caracciolo e di Mario Lenzi. Si superarono i 7 milioni.
Incombe una tempesta, vorticosa e gravida di conseguenze. La cessione de L’Espresso è il tuono che anticipa un temporale di lunga durata.
Si è espressa con preoccupazione la federazione nazionale della stampa. Note addolorate si appalesano con qualche fiacchezza.
Certamente, la tremenda guerra in corso in Ucraina sposta l’attenzione. Ma, senza buona informazione, è tutto peggio.

Comunicato

L’Espresso venduto a Bfc Media: l’assemblea annuncia sciopero delle firme e non uscita del prossimo numero

di Cdr dell’Espresso

Il documento dei giornalisti dell’Espresso 07 Marzo 2022 1 minuti di lettura

Dopo mesi di smentite e astratte rassicurazioni, il gruppo GEDI annuncia infine la vendita dell’Espresso. L’offerta che appena tre giorni fa “non era ancora stata formalizzata” e doveva per questo essere prima valutata, è invece stata formalizzata e accettata in tempi record. Si demolisce il castello eretto nei mesi scorsi dai vertici del gruppo GEDI, che così confermano la propria serietà e affidabilità. La stessa che ha portato nell’ultima settimana alle dimissioni del precedente direttore, arrecando un ulteriore pesantissimo danno d’immagine alla testata.

La redazione dell’Espresso esprime grande preoccupazione per il futuro di un giornale che ha fatto delle inchieste e delle battaglia politiche, civili e culturali la propria ragion d’essere ed entra in un gruppo editoriale che finora si è concentrato su altri settori dell’informazione.PUBBLICITÀ

La redazione esprime la propria ferma protesta per i modi in cui la trattativa sulla cessione della testata è stata condotta, e per il risultato finale di un negoziato che per mesi metterà l’Espresso in una situazione che non ha precedenti nella storia dell’editoria italiana, di fatto una co-gestione sospesa tra due proprietà. Una vecchia proprietà che ha affermato la “non strategicità” della testata e un’altra società promessa acquirente di cui al momento non è dato sapere che tipo di obiettivi si pone per il giornale. Una situazione che rende impossibile il sereno lavoro dell’intero corpo redazionale.

Per questo l’assemblea dell’Espresso proclama lo sciopero a oltranza delle firme, sia sul settimanale cartaceo che online, e conferma l’astensione dal lavoro per impedire l’uscita del prossimo numero. Chiediamo inoltre un incontro urgente con i rappresentanti dei due soggetti giuridici che da oggi avranno competenza sulla pubblicazione della testata.

Repubblica in sciopero: i comunicati dei Comitati di redazione

7 Marzo 2022

Martedì 8 marzo Repubblica non sarà in edicola e il sito non verrà aggiornato per 24 ore, fino alle 19 di martedì. La redazione compatta è stata costretta a proclamare lo sciopero dopo la decisione del Gruppo Gedi di vendere lo storico settimanale L’Espresso. Decisione che il gruppo non ha esitato a formalizzare proprio mentre l’Europa è sconvolta per la guerra in Ucraina e mentre i nostri inviati sono incessantemente impegnati a raccontare quanto avviene su quei fronti.

La cessione dell’Espresso, che fino a 48 ore prima era stata negata, è un atto grave che mette a repentaglio il futuro di tutto il gruppo Gedi. Cedere la testata capostipite di Repubblica e patrimonio del giornalismo italiano segnala una grave mancanza di fiducia sullo sviluppo a lungo termine.

I giornalisti di Repubblica hanno intrapreso con impegno e massimo sforzo la riconversione della nostra offerta informativa verso le sfide del digitale. Di contro, la proprietà conferma una strategia di riorganizzazione basata prevalentemente su tagli, ridimensionamento, cessioni di testate, accorpamenti di rami d’azienda e uscite incentivate del personale. Oggi pagano i colleghi dell’Espresso, a cui va la solidarietà di Repubblica e l’impegno al massimo sostegno possibile.

Una deriva che non può essere ulteriormente accettata in silenzio. Per questo l’assemblea proclama lo sciopero e affida al CdR un pacchetto di altri 3 giorni di astensione e gli conferisce il mandato di chiedere all’azienda impegni vincolanti e chiari su investimenti e perimetro aziendale.

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La redazione di Gedi Visual esprime solidarietà ai colleghi dell’Espresso e profonda preoccupazione per la scelta dell’azienda di cedere la testata che ha dato vita al Gruppo. Una scelta non comunicata alla redazione e al suo direttore, a cui invece erano state date rassicurazioni e negate voci di una futura vendita. Un comportamento che preoccupa. La redazione ha dato mandato al CdR di proclamare una giornata di sciopero fino alle ore 19 dell’8 marzo.