Un’istanza all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e un’altra alla Corte di giustizia dell’Unione europea per verificare le cause e le eventuali sanzioni da adottare per l’oscuramento disposto da Facebook delle pagine di diversi siti indipendenti e di associazioni impegnate nel divulgare notizie e immagini sull’attacco della Turchia alla popolazione curda in Siria. Sono alcune proposte lanciate dalla conferenza stampa presso la Fnsi da alcune testate informative indipendenti e associazioni tra le quali Gobalproject.info con Antonio Lancellotti, Contropiano con Sergio Cararo, DinamoPress con Alberto De Nicola, Infoaut con Federico Leonna, Milanoinmovimento.com, Radioondadurto insieme alla Rete Kudistan con Vincenzo Migliucci, alla Rete Nobavaglio con Marino Bisso e all’avvocato Simonetta Crisci di Senza Confine
Lo scopo del ricorso è quello di verificare la violazione dell’Articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea relativa alla – Libertà di espressione e d’informazione: “Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”.
Intanto giovedì il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, aveva già sollecitato l’intervent di Antonio Nicita, commissario dell’Agcom che ha assicurato di avviare immediate verifiche sui casi di censura denunciati dai siti indipendenti. E sempre ieri Giulietti ha posto il problema della censura delle testate indipendenti al sottosegretario con delega all’editoria Andrea Martella. «Erdogan ha chiesto e ottenuto l’oscuramento delle pagine filo curde nei paesi europei, dopo aver incarcerato 200 giornalisti in Turchia – ha detto il sindacalista – Facebook non solo non paga le tasse ma decide anche quali parole eliminare. Va convocata la rappresentanza italiana».
Su RADIO RADICALE la conferenza stampa
https://www.radioradicale.it/scheda/587807/conferenza-stampa-dellfnsi-e-rete-no-bavaglio-a-sostegno-delle-testate-censurate-da
Comunicato di Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario e presidente della Fnsi
“Siamo onorati di ospitare nella sede della Fnsi la vostra iniziativa. Non é tollerabile che Erdogan dopo aver incarcerato gli oppositori nelle sue carceri, e tra questi decine decine di giornalisti, ora voglia Oscurare anche chi “A casa nostra” legittimamente sostiene il popolo curdo e l’originale esperienza in atto nel rojava. Non possono sopportare che esista uno Stato laico, fondato sul rispetto delle differenze e delle diversità. Per queste ragioni abbiamo chiesto all’agcom di intervenire e di segnalare a Facebook la gravità della censura. Il commissario Nicita ha già invitato gli uffici ad avviare le verifiche. Questa mattina abbiamo sollecitato il sottosegretario Martella di far sentire la voce del governo italiano, Nel frattempo rivolgiamo un appello a tutti i media affinché diano voce ai siti oscurati e sostegno a chi denuncia il bavaglio turco esponendosi alle ritorsioni di un regime che continua a negare il diritto ad informare e ad essere informati
Raffaele Lorusso e Beppe Giulietti
IL COMUNICATO
Oggi venerdì 18 ottobre, si è svolta presso nella sala della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, una conferenza stampa per denunciare l’oscuramento da parte di Facebook di alcune pagine di siti di informazione indipendente. Promotori dell’iniziativa sono stati i portali Contropiano, Dinamopress, Globalproject, Infoaut, Milano in Movimento e Radio Onda d’Urto. A questi si è aggiunta la Rete NoBavaglio.
Tra il 15 e il 16 ottobre, infatti, Facebook ha oscurato le pagine di Contropiano, Globalproject, Milano in Movimento e Radio Onda d’Urto, e inviato avvisi di chiusura alle pagine di DinamoPress, Infoaut e a diversi profili personali.
Il motivo è la presunta – e non meglio specificata – violazione degli “standard della community” in merito alla pubblicazione di articoli e foto sulla guerra in Siria e sull’esperienza del confederalismo democratico in Rojava e sulle iniziative di opposizione al conflitto.
Mentre a seguito di prese di posizione pubbliche le pagine di Global Project, Contropiano e Milano in Movimento sono state ripristinate, nelle stesse ore l’oscuramento si è esteso a numerose altre pagine di realtà di movimento, reti associative e spazi sociali che avevano preso parola a favore della resistenza curda.
La quantità e simultaneità delle segnalazioni ricevute dalle nostre pagine in relazione a contenuti riguardanti la resistenza curda e le iniziative di opposizione alla guerra, lasciano supporre che vi sia stata un’azione coordinata da parte di soggetti vicini al governo di Ankara: com’è noto, le guerre non si giocano esclusivamente sui campi di battaglia, ma anche su quelli dell’informazione.
Facebook, con la decisione di oscurare o di minacciare pagine che in questo momento stanno svolgendo un’importante azione di informazione sul conflitto in corso e sulle iniziative di opposizione alla guerra, si trova obiettivamente a prolungare sul terreno dell’informazione l’ignobile conflitto che il governo turco sta perseguendo nel Nord della Siria. Una situazione, questa, che sembra contraddire in modo esplicito la tanto decantata “neutralità” della piattaforma.
Inoltre, crediamo che questa vicenda sollevi questioni più generali che interrogano da vicino il mondo dell’informazione e la cittadinanza tutta: quali sono i confini che possono essere posti alla totale assenza di trasparenza e alla più assoluta arbitrarietà di Facebook nel bloccare contenuti di carattere informativo e di denuncia degli orrori di un massacro in corso?
L’infrastruttura digitale di Facebook svolge oramai a tutti gli effetti il ruolo di uno spazio pubblico, rispondendo però esclusivamente a logiche e procedure di carattere privato. Esiste dunque una contraddizione sempre più stridente tra il diritto ad una libera informazione e il suo effettivo esercizio all’interno della piattaforma digitale.
Da parte nostra, continueremo in tutte le forme possibili a raccontare la guerra in corso, le mobilitazioni che si oppongono al conflitto innescato dalla Turchia e a dare voce alla resistenza del popolo curdo. Allo stesso tempo, riteniamo che la difesa del diritto alla libera informazione passi ormai sempre più per la necessità di aprire una discussione pubblica che ponga al centro il problema di un controllo democratico della piattaforma Facebook.
All’interno della conferenza stampa c’è stato anche l’intervento dell’avv. Simonetta Crisci, presidente di Senza Confini, che ha messo a disposizione la possibilità di produrre un’istanza all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e un’altra alla Corte di giustizia dell’Unione europea per verificare le cause e le eventuali sanzioni da adottare per l’oscuramento disposto da Facebook delle pagine di diversi siti indipendenti e di associazioni impegnate nel divulgare notizie e immagini sull’attacco della Turchia alla popolazione curda in Siria. Lo scopo del ricorso è quello di verificare la violazione dell’Articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea relativa alla sulla Libertà di espressione e d’informazione: “Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”.
https://www.globalproject.info/it/in_movimento/facebook-non-puo-rimanere-in-mano-a-un-privato/22313
http://contropiano.org/news/politica-news/2019/10/18/facebook-oscura-le-pagine-invise-a-erdogan-anche-oggi-0119841
https://milanoinmovimento.com/evidenza/siti-e-testate-indipendenti-contro-facebook-paradosso-che-non-sia-spazio-pubblico
https://www.infoaut.org/conflitti-globali/erdogan-e-facebook-non-possono-oscurare-l-informazione-indipendente
https://www.dinamopress.it/news/facebook-non-puo-rimanere-mano-un-privato/
https://www.radiondadurto.org/2019/10/18/facebook-oscura-siti-di-informazione-indipendenti-la-conferenza-congiunta/
ASCOLTA LA REGISTRAZIONE DELLA CONFERENZA
Conferenza stampa nella sede della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi).
La vicenda che ha coinvolto in questi giorni diverse testate indipendenti censurate da Facebook per i contenuti pro-curdi è arrivata ieri nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi). GlobalProject, Milano in Movimento, Contropiano e Radio Onda d’Urto erano state oscurate mercoledì scorso. Le prime tre sono tornate online nelle scorse 48 ore. Minacciate di cancellazione DinamoPress e Infoaut, che per ora non hanno subito la stessa sorte. La conferenza stampa è stata aperta dal giornalista Marino Bisso, della Rete NoBavaglio, che ha definito l’accaduto «un atto di censura molto grave a cui la Turchia non è nuova e che stavolta ha colpito voci legate al movimento».
I TEMI PRINCIPALI sono stati due: il diritto alla cronaca, soprattutto durante un’offensiva militare; la necessità di superare la regolazione privata di un social network ormai diventato a tutti gli effetti uno spazio pubblico. «Le guerre si giocano anche con la propaganda – ha detto Alberto De Nicola, di DinamoPress – Facebook si sta prestando al prolungamento del conflitto di Erdogan nel campo dell’informazione?». Sergio Carraro (Contropiano) ha sottolineato come la censura abbia colpito strumenti di informazione ma anche di mobilitazione contro l’offensiva militare turca e in difesa del popolo curdo: «a chi ha dato fastidio?». Le pagine che hanno subito l’oscuramento sono molte di più delle testate menzionate. Numerosi centri sociali e collettivi studenteschi hanno visto sparire i loro profili. Ieri è toccato all’Ex Opg di Napoli e agli internazionalisti italiani che sono stati in trincea con i curdi. La pagina «Io sto con chi combatte l’Isis» è stata eliminata e ricreata da zero.
FACENDO RIFERIMENTO al discorso tenuto ieri da Mark Zuckerberg, Antonio Lancellotti (GlobalProject) ha affermato: «Facebook si nasconde dietro la neutralità ma di fatto produce spazio pubblico secondo le regole di un privato». «Un privato che genera profitti miliardari a partire dai dati prodotti dai suoi utenti, cioè da tutti noi», ha sottolineato Federico Leonna di Infoaut. Per Milano in Movimento il fatto che un simile strumento non sia pubblico è «un paradosso». Il tema della regolazione di Facebook e degli altri colossi monopolistici del web è estremamente complesso e di portata globale. In un’ottica differente, Elizabeth Warren, che alle prossime elezioni americane potrebbe essere la candidata democratica contro Trump, ha proposto di spezzettare le Big Tech. Per lei l’obiettivo è soprattutto di gettito fiscale, garanzia della concorrenza e protezione degli utenti. Zuckerberg l’ha definita «una minaccia esistenziale».
SEMPRE IERI il Presidente Fnsi Giuseppe Giulietti ha posto il problema della censura delle testate indipendenti al sottosegretario con delega all’editoria Andrea Martella. «Erdogan ha chiesto e ottenuto l’oscuramento delle pagine filo curde nei paesi europei, dopo aver incarcerato 200 giornalisti in Turchia – ha detto il sindacalista – Facebook non solo non paga le tasse ma decide anche quali parole eliminare. Va convocata la rappresentanza italiana».
di Giansandro Merli da il Manifesto del 19 ottobre 2019 LEGGI —> https://ilmanifesto.it/siti-e-testate-indipendenti-contro-facebook-paradosso-che-non-sia-spazio-pubblico/
Le testate oscurate da Facebook: «Una censura inaccettabile. Continueremo a informare»
by https://www.fnsi.it/le-testate-oscurate-da-facebook-una-censura-inaccettabile-continueremo-a-informare
«Quello che è successo è un grave caso di censura, ma noi continueremo a dare notizia di quello che succede al confine tra Turchia e Siria. E chiediamo che le istituzioni poste a garanzia della tutela del diritto dei cittadini ad essere informati facciano chiarezza». L’oscuramento delle loro pagine Facebook non fermerà i rappresentanti dei media indipendenti che, riuniti in conferenza stampa nella sede della Fnsi, insieme con Marino Bisso della rete NoBavaglio, all’indomani del provvedimento adottato dal social network sono determinati a mettere l’azienda di Menlo Park davanti alle sue responsabilità.
«Uno degli atti di censura più gravi che si siano verificati in questo Paese», ripetono i portavoce delle testate che lamentano di essere state oscurate per aver dato spazio alle notizie sulla guerra in Rojava e ai commenti di sostenitori dei combattenti curdi attaccati dalle forze turche in territorio siriano. Nel mirino Radio Onda d’Urto di Brescia, Milano In Movimento, GlobalProject, e Contropiano. A rischio anche DinamoPress e Infoaut.
«L’informazione diventa non solo terreno di battaglia, ma strumento che si mette a servizio di chi compie un atto di guerra, diventando parte della guerra», osservano, facendo appello anche ai media mainstream affinché diano spazio a questa vicenda, perché «quanto è accaduto riguarda la libertà di informazione e riguarda tutte e tutti».
Anche le istituzioni e le autorità di garanzia devono interrogarsi su «un’azione arbitraria di una azienda privata che però produce uno spazio pubblico: è lecito – chiedono i giornalisti – che Facebook decida cosa può e cosa non può circolare sulla sua piattaforma?».
E anche se alcune pagine oscurate sono state nel frattempo riaperte, altre sono state oscurate per aver pubblicato articoli, foto e messaggi contro il presidente turco Erdogan, a sostegno del popolo curdo. «Occorre fare squadra contro i troll o comunque contro un algoritmo che si piega alle ragioni di una politica che vuole oscurare alcune realtà dell’informazione e che di certo risponde a leggi del profitto che contrastano con principi democratici come la libertà di informazione», denunciano i media indipendenti.
«È evidente che una sanzione per questa censura deve esserci», conclude l’avvocata Simonetta Crisci. «Per questo – incalza – è necessario rivolgersi non solo a istituzioni e authority, ma anche ricorrere alla Corte europea dei diritti umani».
Curdi, l’inaccettabile censura di Facebook che limita la libertà di espressione
Non ci sono giustificazioni. Con le sue logiche da algoritmo schizofrenico Facebook ha deciso di oscurare decine di profili pro curdi e sostenere di fatto il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, nell’inaccettabile attacco nella regione del Rojava. Un’operazione militare che non risparmia nessuno. Centinaia le vittime: uomini, combattenti e non, donne e bambini sacrificati sull’altare dell’autoritarismo di un regime che ormai non nasconde più i metodi autoritari e censori che hanno preso il sopravvento dentro e fuori i confini della Turchia.
Da ieri il social network di Mark Zuckenberg ha iniziato l’oscuramento di pagine e testate giornalistiche che avevano riportato fatti riguardanti l’aggressione turca al popolo curdo in Siria, che si è spinta fino a Kobane, luogo simbolo del contrato e della resistenza allo Stato islamico, anche a nome e per conto dell’Occidente.
La censura si è abbattuta in particolare sulle pagine di militanti curdi, di centri sociali e di organizzazioni che in questi giorni avevano divulgato notizie su quanto stava accadendo e che avevano espresso solidarietà ai curdi, in alcuni casi pubblicando immagini o bandiere del Partito dei lavoratori del Kurdistan. La situazione è talmente grottesca che c’é da chiedersi se non si sia trattato di un gigantesco equivoco. Ci sarebbe da augurarselo. Una sola cosa è certa, la tempistica è quanto meno improvvida. Bene ha fatto, l’onorevole Nicola Fratoianni a chiedere un incontro ufficiale al country director di Facebook Italia per avanzare, da parlamentare italiano, la richiesta di chiarimenti sul perché di tale censura. Come sancito nella nostra Costituzione la libertà di espressione è un diritto fondamentale. In Italia chiunque ha il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Articolo 21 docet.
Facebook oscura la solidarietà con il popolo curdo
by ARTICOLO 21
Dalle vignette di Zerocalcare, alla pagina di Binxet – Sotto il Confine , documentario di Luigi d’Alife, narrato da Elio Germano, che racconta la resistenza del Rojava, il Kurdistan siriano, alla foto del reporter Michele Lapini, scattata durante un corteo di solidarietà con il popolo curdo a Bologna, a Contropiano, Global Project, Ya Basta, MilanoInMovimento, Diem 25 Italia. e moltissime altre pagine social, solidali con il popolo curdo sotto attacco delle truppe del presidente della Turchia Recep Tayyp Erdogan: tutte oscurate dalle piattaforme Facebook e Instagram. La formula utilizzata per censurare le pagine è in sintesi sempre la stessa “violazione degli standard della community”. Oppure: “Sembra che un’attività recente sulla tua pagina non rispetti le condizioni di servizio delle pagine Facebook”. Formule che nascondono, nei fatti, una lampate censura nei confronti di chi sta facendo informazione sulla tragica invasione del Kurdistan, nel Nordest della Siria, in atto da parte delle forze militari turche, appoggiate da milizie jihadiste. Un rovesciamento di senso, si censurano le voci solidali con chi, l’esercito curdo, ha difeso l’Occidente, e sconfitto in prima persona lo Stato Islamico, l’Isis, schierandosi nei fatti dalla parte dell’invasore. Ma, d’altra parte, l’iniziativa censoria della piattaforma social di Mark Zuckerberg, che avrebbe come fine dichiarato la cancellazione dei contenuti d’odio e “hate speech”, a livello globale, attraverso l’utilizzo di algoritmi, incapaci di interpretare la geopolitica, rivela una distorsione enorme sul piano della democrazia: i social network, come Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, operando in accordo con i propri termini di servizio, appunto gli standard della community, diventano “legislatori di se stessi” privatizzando di fatto il sistema di tutela dei diritti fondamentali della persona, e aggirando le Costituzioni degli Stati e il ruolo di supervisione della magistratura.
Alla luce del recente Regolamento dell’Autority per le Telecomunicazioni (giugno 2019), contro le espressioni d’odio, che si rivolge anche alle reti social, è necessario che vi sia un chiarimento a livello istituzionale affinché la “repressione” dell’incitamento all’odio esca dell’ambito privatistico, e sia affidata ad un soggetto pubblico che eserciti correttamente il ruolo sanzionatorio. Questa, a nostro giudizio, è l’unica strada per evitare incidenti come quelli citati quando ad essere colpito da censura è chi esercita il diritto di informare, sancito dall’articolo 21 della nostra Costituzione.
Articolo 21 esprime la propria profonda contrarietà rispetto alle iniziative, di fatto censorie, di Facebook, e si farà promotore di una richiesta di ripristino delle pagine censurate, nel corso dell’incontro che si terrà nella sede del Sindacato dei Giornalisti del Veneto a Venezia, venerdì 18 ottobre, con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega per l’editoria, Andrea Martella.
Conferenza stampa media indipendenti
17 ottobre 2019
Nei giorni scorsi, Facebook ha chiuso le pagine di alcune testate indipendenti e legate ai movimenti sociali. Altre sono state raggiunte da messaggi ufficiali della piattaforma in cui si comunica il rischio della chiusura. Oggi anche vari profili Instagram sono stati cancellati. Un vero e proprio stillicidio.
I contenuti oggetto dell’operazione sono strettamente legati a post in cui si evidenziava il sostegno alla causa curda e si esprimeva il legittimo dissenso a quanto sta succedendo in Siria del Nord a opera della Turchia.
Evidentemente, l’espansionismo di Recep Erdoğan non è solo territoriale, ma si propaga anche nell’intelligence digitale.
Gli attacchi che stanno subendo queste pagine non hanno nulla di casuale. È chiaro a tutti che sono ben organizzati e coordinati. Erdoğan ha il problema di ricostruire consenso intorno alla sua figura per questo vuole mettere a tacere tutte le voci critiche.
Riteniamo che il sostegno di Facebook all’offensiva comunicativa del regime turco violi i più basilari dettami della libertà di stampa. Anche per il social network vale la Costituzione, che all’articolo 21 stabilisce: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Come testate che hanno da sempre sostenuto istanze di libertà e democrazia reale, ribadiamo che continueremo a essere in prima linea nel documentare e sostenere le lotte per la giustizia, l’uguaglianza e i diritti in ogni angolo del mondo. Allo stesso tempo ci appelliamo a chiunque creda nei valori e nell’azione di una informazione libera e indipendente di denunciare questo grave atto di censura attraverso tutti gli strumenti a sua disposizione. Per questa ragione i media firmatari di questo comunicato indicono venerdì 18 ottobre alle 13 una conferenza stampa nella Sala Azzurra della sede nazionale della FSNI (Corso Vittorio Emanuele II, 349 – Roma).
Contropiano, DinamoPress, Globalproject.info, Infoaut, milanoinmovimento.com, Radiondadurto, Rete Nobavaglio
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Nuovo processo allo scrittore Altan e altri 5 giornalisti accusati di terrorismo. L’appello di Art. 21 e altre 20 organizzazioni
Un nuovo processo, ancora accuse false e prove inesistenti. L’accanimento nei confronti di Ahmet Altan, Nazlı Ilıcak, Yakup Şimşek, Fevzi Yazıcı e Şükrü Tuğrul continua con la spregiudicatezza del sistema giudiziario turco di sempre.
L’8 ottobre, davanti alla 26^ corte penale di Istanbul, sono comparsi giornalisti, scrittori e operatori dei media per rispondere dell’accusa di terrorismo.
Il nuovo procedimento è stato ordinato dalla Corte Suprema di Appello lo scorso luglio che aveva accolto il ricorso degli imputati e aveva annullato il capo di imputazione più grave, “tentativo di rovesciare l’ordine costituzionale attraverso la violenza e la forza”.
La decisione affermava che non poteva essere stabilito alcun nesso causale tra le prove presentate e il crimine, un argomento avanzato. La Corte non aveva emesso nuove accuse nei confronti di Mehmet Altan ma aveva ritenuto che Ahmet Altan e Nazlı Ilıcak dovessero affrontare un ulteriore giudizio con l’accisa di “sostegno a un’organizzazione terroristica” mentre per Yakup Şimşek, Fevzi Yazıcı, Şükrü Tuğrul Özşengül il nuovo reato contestato fu “appartenenza a un’organizzazione terroristica”.
Le organizzazioni per la difesa del diritto alla libertà di informazione che fanno pRte dell’Advocacy Turkey group hanno osservato l’udienza di apertura del nuovo processo rilevando, ancora un volta, le assurdità dell’impianto accusatorio. Il tribunale ha emesso una decisione provvisoria ordinando la detenzione continuata di tutti gli imputati ad eccezione di Mehmet Altan, che era stato precedentemente rilasciato a seguito della scarcerazione ordinata dalla Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo che aveva sancito la violazione dei suoi diritti.
Nonostante i casi di Ahmet Altan e Nazlı Ilıcak, il primo scrittore di fama internazionale e la seconda 76enne veterana del giornalismo turco, siano stati classificati con ‘priorità’ dalla Cedu non sono ancora stati calendarizzati.
Per sollecitare la discussione dei loro procedimenti decine di organizzazioni, compresa Articolo 21, hanno sottoscritto un appello e chiedono il rilascio di tutti gli imputati, la sospensione del processo e l’annullamento di tutte le accuse per mancanza di prove credibili.
Articolo 21 e le altre organizzazioni firmatarie dell’appello ritengono che le nuove accuse di terrorismo violino il diritto degli imputati alla libertà di espressione e che le prove su cui si è fatto affidamento per perseguirli non sono correlate al terrorismo come lo erano alle accuse di sedizione.
“Temiamo che il nuovo processo costituisca l’ennesima fase delle sistematiche molestie giudiziarie dei giornalisti in Turchia – si legge della lettera aperta inviata ai vertici europei e alla Cedu – Siano preoccupati per la parzialità manifestata finora si processi, preoccupazione sollevata dagli avvocati della difesa durante l’udienza dell’8 ottobre. La giuria era la stessa che si era rifiutato di dare esecuzione alla precedente sentenza della Corte costituzionale: che aveva sancito in merito al caso di Mehmet Altan che i suoi diritti erano stati violati con la detenzione preventiva.
Gli avvocati difensori di Mehmet Altan hanno anche presentato istanze al Consiglio dei giudici e dei procuratori per la ricusazione della giuria in quanto non “imparziali” come dimostrato durante il precedente processo.
Gli osservatori internazionali che hanno monitorato le udienze di quel procedimento, tra cui la sottoscritta per conto di Articolo 21 e Federazione nazionale della stampa, hanno appurato che il caso fosse politicamente motivato e che fosse stato negato agli imputati il diritto a un processo equo, prima e durante il procedimento.
Rispetto all’ultima decisione della Corte d’appello turca, anche Amnesty International ritiene che dimostri, ancora una volta, che il sistema giudiziario sia eteroguidato da Erdogan.
Per l’organizzazione internazionale i processi ai danni di centinaia di operatori dell’informazione, e tanti altri cittadini, costituiscono “un affronto alla giustizia in Turchia”.
In primis la conferma in secondo grado dell’ergastolo aggravato, una sorta del nostro 41 bis, per i 6 giornalisti oggi di nuovo a processo, tra cui Altan il cui ultimo libro “Non rivedrò più il mondo” lo ha scritto in carcere.
La natura simbolica di questi casi giudiziari ha sortito un indubbio effetto raggelante sui media e sulla percezione del diritto al libero pensiero.
La serie di purghe favorite dallo Stato di emergenza, durato oltre due anni e mezzo, non ha riguardato solo il settore dell’informazione.
Oltre 150.000 persone sono state licenziate da impieghi statali negli ultimi 30 mesi, circa 80.000 arrestate.
Tra i detenuti vi sono attivisti per i diritti umani, sindacalisti, accademici, sindaci e deputati dei partiti di opposizione accusati di terrorismo o ritenuti in qualche modo collegati allo sventato colpo di stato. Tra i primi a finire in carcere Selahattin Demirtaş, ex co-presidente del Partito democratico popolare incarcerato dal novembre 2016 con accuse senza fondamento, come ha sancito la Corte europea dei diritti dell’uomo due anni dopo giudicando insufficienti le prove contro il leader dell’HDP e chiedendone l’immediato rilascio.
Ma se Strasburgo parla, Ankara non vuole ascoltare.
Erdoğan vede chiunque sia critico nei confronti delle sue politiche come un traditore, un terrorista o un nemico dello Stato. E lo schiaccia nell’indifferenza generale e colpevole della comunità internazionale che oltre a inutili dichiarazioni in dissenso non ha mai prodotto un’azione forte di contrasto per impedire le continue repressioni in Turchia.
Il testo integrale della dichiarazione congiunta:
Turkey: Altans & others still in jail as retrial commences on new bogus terrorism charges
On 8 October, the retrial of journalists, writers and media workers Ahmet Altan, Mehmet Altan, Nazlı Ilıcak, Yakup Şimşek, Fevzi Yazıcı and Şükrü Tuğrul Özşengül on terrorism charges began at the High Penal Court No. 26 in Istanbul. The retrial on these charges was ordered by the Supreme Court of Appeals in July 2019. ARTICLE 19 and Reporters Without Borders (RSF) observed the opening hearing of the retrial. The court issued an interim decision ordering the continued detention of all defendants apart from Mehmet Altan, who had previously been released following decisions by the Constitutional Court and the European Court of Human Rights that his rights had been violated. The cases of Ahmet Altan and Nazlı Ilıcak have been prioritised by the European Court of Human Rights, but are still pending.
The undersigned organisations call for all defendants to be released, for the trial to be halted and all charges dropped given the lack of credible evidence presented in the indictment or referred to in the Supreme Court of Appeals decision.
No prima facie case
In July 2019, the Supreme Court of Appeals quashed the defendants’ convictions for ‘attempting to overthrow the constitutional order through violence and force’. The decision stated there could be no causal link established between the evidence presented and the crime, an argument also made by ARTICLE 19 in an expert opinion presented to the trial court. The Supreme Court of Appeals did not issue any new charges against Mehmet Altan but held that Ahmet Altan and Nazlı Ilıcak should be charged with ‘aiding a terrorist organisation’ and the other defendants, Yakup Şimşek, Fevzi Yazıcı, Şükrü Tuğrul Özşengül should be charged with ‘membership of a terrorist organisation’.
The undersigned organisations believe that these new terrorism charges violate the defendants’ right to freedom of expression and that the evidence which has been relied upon to pursue them is as unrelated to terrorism as it was to the sedition charges. We are concerned that the retrial forms yet another phase of the systematic judicial harassment of journalists in Turkey.
Concerns of bias at the trial
Concerns about the appearance of bias were raised by defence lawyers during the hearing. The panel of judges was the same as those who had refused to implement the earlier judgment of the Constitutional Court: that Mehmet Altan’s rights had been violated due to his pre-trial detention. The defence lawyers for Mehmet Altan have also been filing motions with the Council of Judges and Prosecutors for the removal of the panel of judges on the grounds that they were not impartial during the previous trial.
ARTICLE 19 and RSF monitored all hearings in that trial and believe the case to have been politically-motivated and that the defendants’ rights to a fair trial were violated before and during proceedings.
Inconsistent Judgments at the Constitutional Court
In January 2018, the Constitutional Court ruled that there had been a violation of the right to liberty and security, and the right to freedom of expression in the case of Mehmet Altan, but in July 2019 the court ruled that there had been no violation of these rights in the case of Ahmet Altan. While the evidence presented against Ahmet and Mehmet Altan is not strictly identical, it is hard to see how the evidence presented against Ahmet Altan, which consists mainly of his articles and speeches, could justify any criminal charges let alone terrorism-related charges. Indeed, five Constitutional Court judges dissented on the case of Ahmet Altan, including the presiding judge.
While the European Court of Human Rights has considered the Constitutional Court capable of being an effective remedy to human rights violations, we believe that in this case the Constitutional Court has not provided an effective remedy due to the inconsistency of decision making. We are also concerned about the lack of implementation of its decision regarding Mehmet Altan by the trial court.
Impact of European Court of Human Rights’ ruling on the trial
The European Court of Human Rights issued a decision in Mehmet Altan’s case in March 2018. The Court found that the applicant’s rights to liberty and security and to freedom of expression had been violated. In so doing, it endorsed the decision of the Constitutional Court that Mehmet Altan’s pre-trial detention had been unjustified.
This decision has had a clear impact on the outcome of the trial of Mehmet Altan: the Supreme Court of Appeals referred to the rulings of both the Constitutional Court and the European Court of Human Rights in support of its decision to quash Mehmet Altan’s conviction on charges of ‘attempting to overthrow the constitutional order through violence and force’.
The European Court has yet to rule on the applications of Ahmet Altan and other journalists and members of civil society, such as Osman Kavala, who has been in pre-trial detention for over 700 days detained on politically motivated charges. We believe that a ruling from the European Court could have a decisive impact on the current criminal proceedings against them.
Head of Europe and Central Asia at ARTICLE 19, Sarah Clarke said:
“We are increasingly seeing disturbingly inconsistent decisions issued by the Constitutional Court, raising the spectre of political interference. At the same time, the rights of Ahmet Altan and others continue to be flagrantly violated.
We believe the role of the ECtHR in identifying rights violations in these cases is critical and we hope to see the court review these cases as a matter of urgency, especially in light of the dissenting opinions at the Constitutional level in the case of Ahmet Altan”
We, the undersigned organisations call on the Turkish authorities to release, halt the trial and drop these baseless charges against the defendants immediately.
ARTICLE 19
Amnesty International
Articolo 21
Cartoonists Rights Network International (CRNI)
Civic Space Studies Association
Danish PEN
European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF)
English PEN
Freedom House
German PEN
Global Editors Network (GEN)
Human Rights Watch
International Federation of Journalists (IFJ)
International Press Institute (IPI)
Norwegian PEN
Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa (OBCT)
P24 (Platform for Independent Journalism)
PEN America
PEN International
Reporters Without Borders (RSF)
South East Europe Media Organisation (SEEMO)
Swedish PEN