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Novantaquattro anni dopo la morte di Giacomo Matteotti vivono il ricordo, l’indignazione ma anche la voglia di cercare ancora verità sul mistero del sequestro e dell’omicidio che venne compiuto dieci giorni dopo lo storico intervento in Parlamento in cui l’esponente socialista denunciò le violenze e le intimidazioni che avevano caratterizzato le elezioni vinte da Mussolini nell’aprile del ’24. Ma l’assassinio venne ordinato alla vigilia di un altro intervento a Montecitorio, in cui Matteotti avrebbe dovuto rendere pubblico un dossier sulle tangenti del nascente regime fascista.

La memoria e la ricerca storica sul caso Matteotti vivono in duplice appuntamento, domenica 10 giugno, con una cerimonia, al mattino, nel luogo del suo rapimento davanti al ministero della Marina. E con un dibattito alla sera sulla Flaminia, a pochi chilometri da Riano dove venne ritrovato il suo cadavere.

Si comincia alle 10,30 in Lungotevere Arnaldo da Brescia nel cuore di Roma dove sorge il monumento che ricorda il violento sequestro del leader socialista. Quel pomeriggio del 1924, Matteotti aveva salutato la moglie ed era uscito dalla sua casa in via Giuseppe Pisanelli 40 per imboccare una strada senza ritorno. Ad aspettarlo una Lancia Lambda nera con a bordo: Amerigo Dumini, il capo della sanguinaria squadraccia della polizia fascista, la Ceka del Viminale, composta da Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo. I cinque aguzzini davanti a testimoni aggrediscono Matteotti e lo caricano sull’automobile. Durante la colluttazione, Matteotti fa cadere o perde la tessera di deputato che in seguito verrà ritrovata.

Pestato a sangue, Matteotti si difende per poi essere accoltellato sotto l’ascella e al torace. Non si sa quanto sia durata l’agonia di Matteotti e se sia stato sottoposto a altre torture. Nell’auto verranno però trovate molte tracce di sangue. Il corpo sarà portato e ritrovato in una buca stretta sulla via Flaminia a Riano, dentro una boscaglia in località Quartarella a 23 chilometri e 400 metri dal centro della capitale. Verrà rinvenuto solo il 16 agosto. Dopo 68 giorni, dopo depistaggi e dopo una serie di ritrovamenti pilotati come quello della giacca del parlamentare in un canale sulla Flaminia. Intanto il fascismo imprime al Paese la svolta dittatoriale decisiva: il 26 giugno i parlamentari dell’opposizione abbandonano il Parlamento protesta. Mussolini ha la strada libera: tra i primi provvedimenti c’è quello dell’8 luglio per controllare giornali, stampa e imporre la censura.

La cerimonia di domenica mattina è organizzata dalla Fondazione Giacomo Matteotti insieme alle Fondazioni Turati e Nenni e dal circolo Saragat-Matteotti. L’incontro al momumento di Lungotevere Arnaldo da Brescia prevede la partecipazione di  Virginia Raggi, Sindaca di Roma, Paola Taverna, Vice Presidente Senato, Angelo G. Sabatini, Presidente Fondazione Giacomo Matteotti,  Marcello Leonardi, Presidente Circolo Culturale Saragat-Matteotti, Francesca Del Bello, Presidente del Municipio II, Valentina Grippo, Consigliere Regione Lazio, Roberto Morassut, Partito Democratico, Carlo Fiordaliso, Vice Presidente Fondazione Pietro Nenni, Carlo Cotticelli, Docente di Storia contemporanea. Partecipano: Italo Arcuri, Giornalista e saggista, Andrea Casu, Segretario Partito Democratico Roma, Paolo Cento, Direzione Nazionale Sinistra Italiana, Enzo Foschi, Vice Segretario Partito Democratico Lazio, Antonio Senneca, Azioni e politiche contro ogni fascismo, Anna Vincenzoni, Assessore del Municipio I Roma. Coordinamento: Valentina Caracciolo, Consigliere nel Municipio II Roma, Enzo Pirillo, Circolo Culturale Saragat-Matteotti. La commemorazione è organizzata con il patrocinio della Camera dei deputati.

Alla sera, alle 18, nell’ambito della Festa del Libro e dei Fiori presso il Centro culturale Artipelago in via Flaminia 27 Castelnuovo di Porto, a pochi chilometri dal luogo dove venne ritrovato il cadavere dell’esponente socialista, si svolgera un incontro-dibattito: Da Giacomo Matteotti a Marco Omizzolo: la lotta per diritti e legalità. Intervengono: Marco Omizzolo, Tano D’Amico, Italo Arcuri, Giovanni Fois. Partecipa Luca Villoresi inviato speciale e firma storica de La Repubblica. Tra i partecipanti il sociologo e giornalista Omizzolo, più volte minacciato a seguito delle sue denunce contro lo struttamento degli immigrati nei campi dell’Agro Pontino. E anche il fotoreporter Tano D’Amico che ha recentemente rivelato particolari rimasti segreti legati al sequestro Matteotti e alla testimonianza del fotografo Sandro Vespasiani. L’iniziativa è organizzata dall’associazione Artipelago insieme ad ANPI Sez. Matteotti Rete Flaminia-Tiberina, Libera, Spi Cgil lega Valle del Tevere, Lega Ambiente Castelnuovo di Porto, Nel paese di Clarice e la Rete NoBavaglio – Liberi di essere informati.

Al centro dell’incontro la figura di Matteotti come protagonista delle lotte dei braccianti fino alle inchieste sulle violenze fasciste e sulle presunte tangenti che avrebbero coinvolto gerarchi e la casa reale. Dossier scottanti in parte pubblicati su riviste inglesi. Matteotti, infatti, sarebbe stato in possesso di documenti in grado di provare come i vertici del regime, tra cui il fratello del duce Arnaldo Mussolini, fossero coinvolti in un giro di corruzione legato allo sfruttamento del petrolio italiano in Emilia e in Sicilia dato in esclusiva alla compagnia americana Standard-Oil, controllata della Sinclair-Oil. Il dossier sulle tangenti, Matteotti lo portava con se dentro una borsa che aveva anche al momento del sequestro. Ma non fu mai più trovata.

In passato, a documentare la pista economico-finanziaria legata alle tangenti è stato in particolare lo storico Mauro Canali che ha evidenziato come fra i vari personaggi connessi all’affare del petrolio ci fosse il giornalista e faccendiere Filippo Filippelli. E’ lui il fondatore del Corriere Italiano ed è sempre lui a noleggiare la Lancia Lambda nera impiegata dai sicari di Matteotti per il sequestro. Inoltre Filippelli è amico del fratello del duce. E in base alla ricostruzione storica di Canali, fu Filippelli a incassare pochi giorni prima della firma dell’accordo una prima maxi-tangente di un milione di lire dalla Standard Oil. Scrive Canali: “I familiari di Matteotti hanno sempre sospettato che mandante dell’omicidio fosse re Vittorio Emanuele, secondo loro proprietario di quote della Sinclair. Invece, io sono giunto alla conclusione che fu proprio Mussolini, che aveva intascato tangenti direttamente da questa operazione, a ordinare l’eliminazione del suo avversario politico. Anche le camicie nere – ha sostenuto lo storico – furono finanziate dalla Standard Oil”.

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