Intercettazioni: l’ok agostano in Senato che mette a rischio l’informazioneL’ok agostano alla delega al Governo sulla riforma per le intercettazioni, passato la notte del 2 agosto, mette indubbiamente a rischio la libertà d’informazione anche se il ministro Andrea Orlando non vuole sentire parlare di bavagli.E’ rimasto inascoltato l’appello lanciato nei mesi scorsi di affidare al parlamento, sede naturale del confronto, il compito di regolamentare una materia così delicata.Preoccupa invece che sia stato lasciato al Governo il potere di stabilire le nuove regole sulla pubblicazione delle intercettazioni.Dopo il sì della commissione Giustizia del Sentato come verrà tutelato il diritto di cronaca e la possibilità di poter far conoscere quelle conversazioni che il giornalista (e non la politca) considera d’interesse pubblico?In questo modo esiste il pericolo di una stretta al diritto di essere informati come abbiamo spiegato nell’appello di NOBAVAGLIO scritto assieme al professore Stefano Rodotà ( leggi l’appello: http://www.fnsi.it/ldquointercettazioni-no-alla-nuova-legge-bavagliordquornparte-la-petizione-online-primo-firmatario-rodota ).E’ vero che nel testo approvato il 2 agosto al Senato si fa riferimento all’esigenza di garantire la libertà di stampa e alla volontà di recepire l’orientamento della Corte di Strasburgo.Ma sarà così?Occorre dunque vigilare su quanto accadrà nei prossimi mesi. Fanno bene i vertici della Fnsi. Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti a chiedere subito con forza che “alla ripresa di settembre, cominci il confronto con le istituzioni e le categorie interessate”. Noi di #NOBAVAGLIO saremo pronti a mobilitarci come abbiamo sempre fatto.
L’APPELLOIntercettazioni, no alla nuova legge bavaglio”. Parte la petizione online: primo firmatario RodotàNuovo tentativo di imbavagliare la stampa per via legislativa e nuova reazione da parte di giuristi, giornalisti e società civile che lanciano sul web la petizione “No bavaglio 3”, primi firmatari Stefano Rodotà, Marino Bisso, Arturo Di Corinto e Giovanni Maria Riccio. E anche il segretario generale della FNSI, Raffaele Lorusso, aderisce all’iniziativa.
Nuovo tentativo di imbavagliare la stampa per via legislativa e nuova reazione da parte di giuristi, giornalisti e società civile che lanciano sul web la petizione “No bavaglio 3”, primi firmatari Stefano Rodotà, Marino Bisso, Arturo Di Corinto e Giovanni Maria Riccio. E anche il segretario generale della FNSI, Raffaele Lorusso, aderisce all’iniziativa. Il web si mobilita contro la minaccia di una nuova legge bavaglio insita nella delega al governo in materia di intercettazioni telefoniche prevista dalla riforma del processo penale in discussione in parlamento. Stefano Rodotà, Marino Bisso, Arturo Di Corinto e Giovanni Maria Riccio, primi firmatari della petizione online, hanno dato vita al sito nobavaglio.org e lanciato l’appello raccolto, tra gli altri, anche dal segretario generale della FNSI Raffaele Lorusso.
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MINI-RASSEGNA STAMPAIntercettazioni: semaforo verde al Senato, più potere ai pm |
di Liana Milella
La Repubblica, 2 agosto 2016
Via libera sulle intercettazioni al Senato. Il governo si avvicina ai magistrati sulla gestione dello strumento più invasivo del processo. La delega che riscriverà la materia degli ascolti è molto più dettagliata rispetto a quella generica della Camera e soprattutto il pm resta il dominus nel decidere quali telefonate conservare e quali eliminare. Novità anche sui Trojan, le registrazioni effettuate a distanza attraverso un virus. |
Prescrizione e intercettazioni, approvata riforma del processo penale in Senato
Il testo verrà incardinato in aula entro la settimana
La commissione Giustizia di Palazzo Madama ha approvato in seduta notturna la riforma del processo penale che contiene modifiche alla disciplina su prescrizione e intercettazioni. Per quanto riguarda quest’ ultimo tema, è passato l’ emendamento dei relatori che dà la delega al Governo a mettere a punto una normativa che tenga conto, tra l’altro, della libertà di stampa e di quanto previsto dalla Corte di Strasburgo. Sul fronte del virus Trojan, si dovrà seguire quanto previsto per le intercettazioni ambientali. Il testo verrà incardinato in aula entro la settimana.
Hanno votato contro la riforma i tre senatori del Movimento Cinquestelle, Maria Mussini, e, su molti emendamenti, anche Corradino Mineo, in sostituzione di un altro senatore componente della commissione. Molti esponenti delle opposizioni, soprattutto in Forza Italia, erano assenti al momento del voto. “Una delle cose più pericolose di questo provvedimento – commenta Maurizio Buccarella (M5S) – è che si punisce sino a 4 anni di carcere il cittadino che diffonde immagini, video o conversazioni, pur registrati in sua presenza, recando danno all’immagine o reputazione altrui, se acquisiti fraudolentemente. Resta anche il dubbio interpretativo sull’ avverbio e, a nostro avviso, si limita la libertà di critica di ognuno di noi”. “Ma non si voleva depenalizzare il reato di diffamazione?”, domanda Buccarella. La commissione Giustizia del Senato ha comunque dato il mandato ai relatori Felice Casson e Giuseppe Cucca (Pd) a riferire in aula.
Intercettazioni, via libera in Commissione al Senato. La Fnsi: «La delega al governo sia occasione di confronto»
La commissione Giustizia di Palazzo Madama ha approvato in seduta notturna la riforma del processo penale che contiene, tra gli altri provvedimenti, modifiche alla disciplina sulle intercettazioni. L’emendamento confluito nel testo, presentato dai relatori, dà la delega al governo a mettere a punto una normativa che tenga conto, tra l’altro, della libertà di stampa e di quanto previsto dalla Corte di Strasburgo.
L’auspicio della Federazione nazionale della stampa italiana, ora, è che la delega per definire le norme in materia di intercettazioni, salvaguardando la libertà di stampa, «sia un’occasione di confronto e di condivisione. L’esigenza di tutelare la segretezza delle indagini – dicono il segretario generale Lorusso e il presidente Giulietti – non può tradursi in un bavaglio alla stampa né può comprimere il diritto dei cittadini ad essere informati».
Secondo i vertici del sindacato dei giornalisti, inoltre, «l’esplicito riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, da sempre attenta alle esigenze di assicurare ai cittadini un’informazione priva di censure perché pilastro della democrazia, rappresenta il presupposto per mettere a punto norme che garantiscano tutti, magistrati, persone coinvolte nelle indagini, giornalisti e cittadini».
La Fnsi chiede inoltre alle istituzioni che «alla ripresa di settembre cominci il confronto con le istituzioni delle categorie interessate, sul quale già in passato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, si era detto disponibile», confidando, infine, che il Parlamento «arrivi presto all’approvazione di altri due provvedimenti, entrambi da tempo fermi in Senato: l’abrogazione del carcere per i giornalisti, come chiesto dalle istituzioni europee, e il contenimento delle cosiddette “querele temerarie”».
Auspicio condiviso anche dal capogruppo Pd in commissione Giustizia di Montecitorio, Walter Verini, che, in una nota, dopo aver ribadito che «il ministro Orlando ha più volte detto che sarà aperto un confronto con le rappresentanze del mondo dell’informazione, a partire da Fnsi e Ordine dei giornalisti» augura che «il Senato concluda al più presto l’iter che lo vede impegnato su due provvedimenti importanti per l’informazione e quindi per la libertà di tutti: provvedimenti che contengono tra i punti più rilevanti l’abolizione del carcere per i reati di diffamazione a mezzo stampa e interventi di una certa incisività contro le intimidazioni all’informazione attraverso le querele temerarie».
“La Settima Commissione del CSM – si legge nella delibera -, a seguito di un monitoraggio sul tema, ha rilevato come siano state assunte direttive o circolari specifiche dalle Procure di Roma, Napoli, Torino, nonché da quelle di Firenze, Bari, Macerata, Foggia, Nuoro, Caltanissetta, Campobasso, Siracusa, Catanzaro, Cosenza, Lamezia Terme, Arezzo, Grosseto, Livorno, Sulmona e Lecce”.
“In molte altre Procure – continua la delibera – si tratta del tema delle intercettazioni nei provvedimenti organizzativi generali ovvero in ordini di servizio o singole disposizioni, anche in merito alle spese conseguenti all’attività di intercettazione ovvero alle misure di custodia del materiale tratto da intercettazione. Il monitoraggio dimostra, quindi, l’esistenza di una peculiare, meritevole e crescente attenzione da parte dei Procuratori della Repubblica in ordine al tema del trattamento dei dati tratti da intercettazioni, tesa ad evitare l’ingiustificata diffusione di conversazioni non funzionali ai provvedimenti giudiziari e a valorizzare in tale direzione, nell’ambito della 2 autonomia interpretativa, il sistema normativo vigente, alla luce dei canoni costituzionali in gioco”.
COSA DICEVA RENZI AD APRILE da l’Espresso
Il premier ora dice che non metterà mano alla disciplina sugli ascolti. Ma il testo approvato alla Camera e ora fermo al Senato delega l’esecutivo a decidere come tutelare la riservatezza
Se ne parla da vent’anni, non si fa mai: quella delle intercettazioni, almeno sin qui, più che una riforma è una metafora, il termometro per misurare uno stato di salute (del governo) e di uno stato di rapporti (con la magistratura). Più se ne parla, più burrascosa è la situazione. E così anche stavolta, non certo per caso, la polemica sugli ascolti si infiamma in un momento di grande difficoltà dell’esecutivo. Comincia con Renzi, che in consiglio dei ministri parlando della inchiesta di Potenza allude a una nuova legge dicendo che “le cose devono cambiare” perché “ci sono intercettazioni che non hanno alcun nesso con l’inchiesta”. Continua con (fra gli altri) il neopresidente dell’Anm Piercamillo Davigo che dice no a una riforma delle intercettazioni e definisce “superflua” una modifica delle norme sulla pubblicazione degli ascolti. Finisce con Renzi che fa una apparente marcia indietro (“non metteremo mano alla riforma”), mentre la ministra Boschi chiarisce che comunque “serve un equilibrio migliore”, per “tenere insieme il diritto di effettuare le indagini, il diritto di difendersi e la riservatezza di alcune informazioni, se non strettamente necessarie”.
Ora, in tutto questo parlare, e combattersi, tra renziani e magistrati, c’è da dire che la riforma delle intercettazioni non ha fatto né un passo avanti, né un passo indietro. C’è, giace in Senato, da settembre, in seno all’articolo 30 della legge che riforma il processo penale, approvato a fine estate dalla Camera. E’ una riforma che non tocca la disciplina delle registrazioni e l’uso che ne fanno i magistrati: si occupa del versante della pubblicabilità degli ascolti. Vorrebbe modificare – vecchio pallino di Renzi – l’attuale equilibrio tra privacy e interesse pubblico. Vorrebbe mettere un argine più forte alle conversazioni irrilevanti. Ma non dice esattamente in che modo. Anzi: dice che sarà il governo a decidere come dovrà essere questo nuovo equilibrio, dove passerà l’asticella tra gossip e prova di reato. E’ infatti una delega all’esecutivo, niente di più. Una riforma senza faccia. L’articolo 30, comma a, spiega solo quali principi dovrà seguire. Uno su tutti: “ Garantire la riservatezza ”
a) prevedere disposizioni dirette a garantire la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione, in conformità all’articolo 15 della Costituzione, attraverso prescrizioni che incidano anche sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle captazioni e che diano una precisa scansione procedimentale per la selezione di materiale intercettativo nel rispetto del contraddittorio tra le parti e fatte salve le esigenze di indagine, avendo speciale riguardo alla tutela della riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni delle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento, in particolare dei difensori nei colloqui con l’assistito, e delle comunicazioni comunque non rilevanti a fini di giustizia penale.
Su questa delega Davigo deve ancora esprimersi: ma, secondo il suo predecessore all’Anm Sabelli, era “troppo generica” e destinata a portare “tensioni” quando si discuterà dei “dettagli”. Già, perché i dettagli da definire sono parecchi. Giusto per fare un esempio, alla Camera è stato cancellato pure il riferimento alla cosiddetta “udienza filtro” (tra le intercettazioni rilevanti e quelle inutilizzabili): serviva a fissare il momento preciso in cui cadeva il divieto di pubblicare le intercettazioni . Adesso, l’udienza è stata sostituita con il vago “scansione procedimentale per la selezione del materiale”. Una formula di stile che in sé non dice nulla: significa che il testo non fissa un momento preciso per la diffusione. Sarà il governo a decidere: stabilendo modalità, tempistica, ed eventuali sanzioni.
Sempre il governo stabilirà i paletti del reato per chi diffonde con intenti diffamatori le registrazioni fraudolente. E deciderà pure in che modo saranno semplificate le condizioni per l’uso delle intercettazioni “nei procedimenti per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione”.
Che Renzi non riformerà le intercettazioni, dunque, è vero e nello stesso tempo non è vero. Le riformerà, quando il provvedimento sul processo penale sarà arrivato in fondo al suo iter. Ma senza toccare le indagini. La sua preoccupazione sarà la “tutela della riservatezza”, in specie nei confronti di “terzi” non coinvolti: che poi, almeno secondo alcuni calcoli, tale riservatezza sia stata violata solo 12 volte in vent’anni, non è cosa che agli occhi di Renzi ne diminuisca l’importanza.